venerdì 2 agosto 2013

Lucania: quale futuro?

Lucania: quale futuro?
A quanto pare le grandi manovre sono cominciate; da domani parte il tour de force dei movimentisti per provare a costruire una alternativa credibile ad una classe dirigente, quella lucana, che ha fallito miseramente ed è naufragata nei meandri degli scontrini raccattati per terra portando nelle stanze della Procura l’intero Consiglio regionale di Basilicata.
La storia scriverà domani quelle che saranno le decisioni delle aule giudiziarie, magari dopo anni di processi e rinvii, visto l’andazzo della giustizia italiana, ma la sentenza vera, quella che conta, la daranno i cittadini lucani nell’autunno prossimo quando saranno chiamati a rinnovare il Consiglio Regionale sciolto a seguito delle dimissioni dei De Filippi.
Sapranno i lucani esprimere un giudizio sereno e futuristico per il rilancio della Basilicata o la paura e soprattutto la rabbia per gli ultimi avvenimenti giocheranno un ruolo decisivo al punto da spingere i lucani a scelte avventate prese più per il desiderio di arrivare ad una giustizia sommaria che ad un reale cambiamento di rotta?
Le elezioni politiche del marzo scorso, la grande crescita del movimento cinque stelle, la loro incapacità di gestire una simile forza e la conseguente nascita del Governo PD-PDL sono li a testimoniare e pendono come una spada di Damocle del rischio che scelte frettolose che possono portare quando si antepongono rancori e sentimenti di rabbia alla nostra capacità di ragionamento; spero di non essere frainteso, nessuno più di me desidera spedire a quel paese, magari con un bel calcio nel sedere, i protagonisti del fallimento lucano, questo però non deve impedirmi di rimanere con i piedi per terra e provare a ragionare sulle prospettive future della Basilicata e sulla nascita di una nuova classe dirigente.
La situazione in cui versa la nostra regione non è certamente rosea; ai temi ambientali fortemente saliti alla ribalta negli ultimi anni con lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della Val d’Agri e con la sciagurata politica ambientale legata alle vicende della raccolta e incenerimento dei rifiuti del melfese e della zona del Vulture ad opera di una plurichiacchierata e indagata imprenditoria del settore, vanno aggiunti, ma non per questo in secondo piano, i tanti problemi legati al lavoro e all’economia reale della Lucania, basata sullo sfruttamento agricolo del territorio che mai è riuscito a decollare veramente, frenato in tutti i modi possibili ed immaginabili da una classe politica che sull’agricoltura ha costruito un sistema di assistenzialismo clientelare ad esclusivo appannaggio  di pochi fortunati facenti parte della casta degli eletti. Uguale discorso vale per un altro settore di vitale importanza, quello del turismo, che qualcuno ha volutamente mantenuto limitato al fine di poter allargare anche in quel campo il proprio raggio d’azione di natura clientelare.
Può bastare per rimettere ordine nella politica lucana la genuinità dei movimenti o l’antagonismo qualunquista di coloro che puntano alla distruzione totale per costruire un nuovo sistema di cui neanche loro ancora non riescono ad immaginare forma e sostanza?
Mille volte abbiamo detto e sostenuto che la partitocrazia ha fallito e come tale non ha più alcuna voce in capitolo ne diritto per poter fare da traino al cambiamento; quello che non va però dimenticato è il fatto che se pure i dirigenti dei partiti hanno tradito il mandato loro affidato, i primi ad essere traditi sono coloro stessi che glie lo avevano affidato; in poche parole coloro che hanno si frequentato i partiti negli ultimi decenni, ma che non hanno avuto fino in fondo la capacità di controllo su coloro cui avevano delegato la propria rappresentanza divenendo a loro volta controllati.
Se un tempo gli eletti alle cariche istituzionali dovevano dare conto del loro operato alle sezioni di partito che li avevano eletti, oggi si assiste al paradosso che stranamente accade proprio il contrario.
Non è ipotizzabile una rimessa in ordine della politica lucana se non si parte dal rimettere in ordine le regole della democrazia.
La tanta auspicata democrazia diretta, quella del web per intenderci, se da una parte può sembrare una bellissima cosa, dall’altra dimostra tutti i sui limiti e rischia di trasformarsi in anarchia se non è supportata da regole certe. Stessa cosa vale per la democrazia dei movimenti che vale fino a quando gli interessi rimangono comuni. Sappiamo bene che il movimentismo si aggrega su temi specifici e limitati ai vari settori ma che spesso entrano in contrasto tra loro quando gli interessi prendono traiettorie divaricanti. Se oggi l’ambiente, l’agricoltura, il lavoro, possono essere riuniti sotto un unico obbiettivo perché entrambi sono stati maltrattati dalla classe politica, le loro strade sono necessariamente destinate a dividersi nel momento in cui, passata l’emergenza, ci si troverà a discutere per far collimare i vari interessi.
Ecco perché ritengo che da soli i movimenti non possono essere la risposta alla domanda di cambiamento, ma che ci sia bisogno di una capacità e soprattutto di una volontà di costruire il cambiamento partendo da posizioni che mirino all’incontro tra la varie forze sociali senza arroccamenti pregiudiziali su posizioni insostenibili e dannose per una qualunque delle classi sociali o di settore presenti in Basilicata.
Vi sono nelle formazioni politiche lucane, quelle tradizionali per intenderci, forze fresche e menti anch’esse tradite e deluse dalla politica degli ultimi anni; cercare di tenere fuori il contributo di tali potenzialità dal futuro politico lucano sarebbe un errore gravissimo. L’atteggiamento preso dai movimenti che puntano a creare l’alternativa a me pare vada in questa direzione, che io ritengo dannosa; la Lucania oggi ha bisogno di soluzioni che aggreghino e non di barricate ideologiche, oltretutto tra persone che hanno lo stesso modo di pensare, solo per partito preso o per desiderio di giustizia sommaria anche nei confronti di incolpevoli persone anch’esse tradite.
Ricostruire è possibile ma occorre che ognuno di noi faccia la sua parte con decisione ma anche con grande disponibilità a raccogliere il contributo di tutti per dare alla Basilicata l’impulso necessario a farla divenire quella terra dal bene comune di cui non solo ha grande volontà ma soprattutto ha grandi capacità e risorse per poterla diventare.

Tonino Ditaranto