martedì 10 settembre 2013

Sconfiggere la cultura del personalismo innanzitutto.


Amici e compagni di Primavera Lucana, ho aderito sia pure con molte riserve al vostro movimento in quanto ritengo sia giunto il momento che le energie pulite della nostra terra trovino il modo di dibattere e costruire un futuro che sia degno della storia genuina della nostra Lucania.
Ecco appunto la storia; di li bisogna partire se non si vuole avere la presunzione di conoscere le problematiche lucane a prescindere e non correre il rischio di divenire noi stessi parte di quel sistema che noi tutti ci accingiamo a combattere.
Cosa centra la storia? Centra se vogliamo capire chi siamo e dove possiamo arrivare.
Lucania, terra di lupi e di Briganti; Garibaldi trovò la strada spianata prima di arrivare a Napoli, strada liberata dalle migliaia di giovani lucani che unitosi a Carmine Crocco combatterono i Borboni e le baronie inseguendo il sogno di una Lucania libera dove la terra fosse appannaggio di chi la coltivava e non di un pugno di nobili asserviti al Regno di Napoli. Fu li che i lucani subirono il primo tradimento; Vittorio Emanuele disconobbe i patti raggiunti tra Garibaldi e Crocco e riassegnò le terre ai medesimi Conti e Marchesi passati al servizio questa volta di casa Savoia. Stessa cosa avvenne in Sicilia e in Calabria ma a differenza di quelle regioni dove gli sbandati della guerra ai Borboni diedero vita ad organizzazioni di carattere mafioso e camorristico in complicità con gli stessi latifondi, in Basilicata si ebbe invece la prima grande ribellione popolare contro le tirannie che causò la morte di centinaia di giovani lucani e decine di paesi rasi al suolo ad opera della gendarmeria Piemontese. Dopo la seconda guerra mondiale furono nuovamente i lucani a dare vita ad un movimento che avrebbe segnato per sempre la svolta sull’attribuzione delle terre e la definitiva scomparsa dei latifondi con le occupazioni delle terre dei conti Spada e Galante in agro di Montescaglioso e del Barone Berlingieri in agro di Pisticci e che ebbe il suo drammatico epilogo la notte tra il 13 e 14 dicembre del 1949 con l’assassinio del bracciante Giuseppe Novello. Il resto è storia recente: Scanzano Jonico, forse la più grande sommossa popolare di tutta la storia dell’Italia unita se non si considera la resistenza al nazifascismo.
Ho voluto fare questa premessa per tracciare per sommi capi quello che è il grande amore del popolo lucano: la terra, per la cui difesa mette in campo ogni sforzo possibile senza mai chinare la testa.
Una grandissima prova attende oggi nuovamente le popolazioni della Basilicata; la terra, quella per la quale i nostri avi hanno combattuto e versato sangue innocente, la nostra terra, è fatta scempio, è depredata, è denudata dai moderni latifondisti della finanza, complice una classe dirigente asservita alle logiche di chi detiene il potere e ne fa uso per rimpinguare le proprie sostanze. Le ragioni che hanno portato il Presidente De Filippo a dimettersi e al consequenziale scioglimento del Consiglio Regionale, con la totalità degli ex consiglieri, che io non ho esitato a definire “pidocchiosi”, indagati per rimborsi di spese inesistenti, sono solo la punta dell’iceberg di quello che è il vero arrembaggio ad opera di avidi avvoltoi che si sono avventati sulla Lucania come su una carcassa di una animale morto da spolpare. Spetta quindi nuovamente al popolo lucano rialzare la testa e porsi a difesa del suo territorio.
Il popolo dunque, non una sola parte di esso, ne qualche sparuto gruppo di capipopolo autoproclamatosi tali che inseguono ambizioni personali, spinti da rancori per qualche torto subito,  pronti a saltare sul carro del vincitore di turno, e che usano i mal di pancia della gente come ariete per sfondare le porte che servono per farli raggiungere gli scopi che si sono prefissi.
Le pur giuste ambizioni personali lasciamo che restino nella sfera della propria professione o della propria famiglia, in politica, nella buona politica esse non sono plausibili ma l’unica ambizione che ognuno di noi può avere è quella di veder trionfare il bene comune.
Fa senso oggi che la Lucania ha bisogno di noi assistere a stupide controversie sui nomi dei candidati o su colui che sarà il Candidato Presidente; avrei preferito che la discussione si sviluppasse su ciò che prevediamo per il futuro del melfese o della valle dell’Agri; sui veleni che quotidianamente immette nell’aria l’inceneritore della Fenice o sul notevole incremento del numero dei disoccupati piuttosto che discutere della legittimità o meno che il candidato Presidente possa essere una persona che ha subito un sopruso e che ha avuto l’abilità di auto santificarsi. Ci sono centinaia di lucani che hanno subito soprusi; Ci sono gli operai di Melfi licenziati, ci sono i ragazzi materani dei call center schiavizzati per poche decine di euro al mese; c’è Olimpia Fuina Orioli che aspetta la verità, fin’ora negata, sulla morte del proprio figlio e della sua fidanzatina; ci sono i parenti di coloro che si sono ammalati e sono morti di leucemie per la diossina nel melfese, ma nessuno di essi si è auto santificato ne tantomeno si è autoproposto Governatore solo per aver subito un torto dal sistema. La cultura dell’auto proposizione è il primo passo verso il personalismo e apre la strada al raggiungimento di un traguardo personale prima di quello collettivo.
La primavera è un insieme di colori; non c’è un fiore che primeggia su tutti ma è un insieme di fiori che tutti insieme sbocciano e riempiono l’aria di un profumo di fresco. Questa è la Primavera Lucana cui intendo aderire:  l’insieme di ciascuno di noi che metta da parte i rancori personali, i sentimenti di odio, le stupide diatribe personali, e si ponga di fronte anche a coloro che non la pensano come noi ma che condividono lo stesso amore per la nostra terra per trovare insieme con il dialogo la strada maestra per costruire una grande primavera che faccia rifiorire la nostra Lucania. Non ci sono partiti buoni o partiti cattivi, ma in ognuno di essi ci sono i malvagi ma c’è anche tanta gente per bene; i malvagi non ci appartengono ma la gente per bene dovranno essere i nostri compagni di lotta.

Tonino Ditaranto