martedì 10 settembre 2013

Sconfiggere la cultura del personalismo innanzitutto.


Amici e compagni di Primavera Lucana, ho aderito sia pure con molte riserve al vostro movimento in quanto ritengo sia giunto il momento che le energie pulite della nostra terra trovino il modo di dibattere e costruire un futuro che sia degno della storia genuina della nostra Lucania.
Ecco appunto la storia; di li bisogna partire se non si vuole avere la presunzione di conoscere le problematiche lucane a prescindere e non correre il rischio di divenire noi stessi parte di quel sistema che noi tutti ci accingiamo a combattere.
Cosa centra la storia? Centra se vogliamo capire chi siamo e dove possiamo arrivare.
Lucania, terra di lupi e di Briganti; Garibaldi trovò la strada spianata prima di arrivare a Napoli, strada liberata dalle migliaia di giovani lucani che unitosi a Carmine Crocco combatterono i Borboni e le baronie inseguendo il sogno di una Lucania libera dove la terra fosse appannaggio di chi la coltivava e non di un pugno di nobili asserviti al Regno di Napoli. Fu li che i lucani subirono il primo tradimento; Vittorio Emanuele disconobbe i patti raggiunti tra Garibaldi e Crocco e riassegnò le terre ai medesimi Conti e Marchesi passati al servizio questa volta di casa Savoia. Stessa cosa avvenne in Sicilia e in Calabria ma a differenza di quelle regioni dove gli sbandati della guerra ai Borboni diedero vita ad organizzazioni di carattere mafioso e camorristico in complicità con gli stessi latifondi, in Basilicata si ebbe invece la prima grande ribellione popolare contro le tirannie che causò la morte di centinaia di giovani lucani e decine di paesi rasi al suolo ad opera della gendarmeria Piemontese. Dopo la seconda guerra mondiale furono nuovamente i lucani a dare vita ad un movimento che avrebbe segnato per sempre la svolta sull’attribuzione delle terre e la definitiva scomparsa dei latifondi con le occupazioni delle terre dei conti Spada e Galante in agro di Montescaglioso e del Barone Berlingieri in agro di Pisticci e che ebbe il suo drammatico epilogo la notte tra il 13 e 14 dicembre del 1949 con l’assassinio del bracciante Giuseppe Novello. Il resto è storia recente: Scanzano Jonico, forse la più grande sommossa popolare di tutta la storia dell’Italia unita se non si considera la resistenza al nazifascismo.
Ho voluto fare questa premessa per tracciare per sommi capi quello che è il grande amore del popolo lucano: la terra, per la cui difesa mette in campo ogni sforzo possibile senza mai chinare la testa.
Una grandissima prova attende oggi nuovamente le popolazioni della Basilicata; la terra, quella per la quale i nostri avi hanno combattuto e versato sangue innocente, la nostra terra, è fatta scempio, è depredata, è denudata dai moderni latifondisti della finanza, complice una classe dirigente asservita alle logiche di chi detiene il potere e ne fa uso per rimpinguare le proprie sostanze. Le ragioni che hanno portato il Presidente De Filippo a dimettersi e al consequenziale scioglimento del Consiglio Regionale, con la totalità degli ex consiglieri, che io non ho esitato a definire “pidocchiosi”, indagati per rimborsi di spese inesistenti, sono solo la punta dell’iceberg di quello che è il vero arrembaggio ad opera di avidi avvoltoi che si sono avventati sulla Lucania come su una carcassa di una animale morto da spolpare. Spetta quindi nuovamente al popolo lucano rialzare la testa e porsi a difesa del suo territorio.
Il popolo dunque, non una sola parte di esso, ne qualche sparuto gruppo di capipopolo autoproclamatosi tali che inseguono ambizioni personali, spinti da rancori per qualche torto subito,  pronti a saltare sul carro del vincitore di turno, e che usano i mal di pancia della gente come ariete per sfondare le porte che servono per farli raggiungere gli scopi che si sono prefissi.
Le pur giuste ambizioni personali lasciamo che restino nella sfera della propria professione o della propria famiglia, in politica, nella buona politica esse non sono plausibili ma l’unica ambizione che ognuno di noi può avere è quella di veder trionfare il bene comune.
Fa senso oggi che la Lucania ha bisogno di noi assistere a stupide controversie sui nomi dei candidati o su colui che sarà il Candidato Presidente; avrei preferito che la discussione si sviluppasse su ciò che prevediamo per il futuro del melfese o della valle dell’Agri; sui veleni che quotidianamente immette nell’aria l’inceneritore della Fenice o sul notevole incremento del numero dei disoccupati piuttosto che discutere della legittimità o meno che il candidato Presidente possa essere una persona che ha subito un sopruso e che ha avuto l’abilità di auto santificarsi. Ci sono centinaia di lucani che hanno subito soprusi; Ci sono gli operai di Melfi licenziati, ci sono i ragazzi materani dei call center schiavizzati per poche decine di euro al mese; c’è Olimpia Fuina Orioli che aspetta la verità, fin’ora negata, sulla morte del proprio figlio e della sua fidanzatina; ci sono i parenti di coloro che si sono ammalati e sono morti di leucemie per la diossina nel melfese, ma nessuno di essi si è auto santificato ne tantomeno si è autoproposto Governatore solo per aver subito un torto dal sistema. La cultura dell’auto proposizione è il primo passo verso il personalismo e apre la strada al raggiungimento di un traguardo personale prima di quello collettivo.
La primavera è un insieme di colori; non c’è un fiore che primeggia su tutti ma è un insieme di fiori che tutti insieme sbocciano e riempiono l’aria di un profumo di fresco. Questa è la Primavera Lucana cui intendo aderire:  l’insieme di ciascuno di noi che metta da parte i rancori personali, i sentimenti di odio, le stupide diatribe personali, e si ponga di fronte anche a coloro che non la pensano come noi ma che condividono lo stesso amore per la nostra terra per trovare insieme con il dialogo la strada maestra per costruire una grande primavera che faccia rifiorire la nostra Lucania. Non ci sono partiti buoni o partiti cattivi, ma in ognuno di essi ci sono i malvagi ma c’è anche tanta gente per bene; i malvagi non ci appartengono ma la gente per bene dovranno essere i nostri compagni di lotta.

Tonino Ditaranto

venerdì 2 agosto 2013

Lucania: quale futuro?

Lucania: quale futuro?
A quanto pare le grandi manovre sono cominciate; da domani parte il tour de force dei movimentisti per provare a costruire una alternativa credibile ad una classe dirigente, quella lucana, che ha fallito miseramente ed è naufragata nei meandri degli scontrini raccattati per terra portando nelle stanze della Procura l’intero Consiglio regionale di Basilicata.
La storia scriverà domani quelle che saranno le decisioni delle aule giudiziarie, magari dopo anni di processi e rinvii, visto l’andazzo della giustizia italiana, ma la sentenza vera, quella che conta, la daranno i cittadini lucani nell’autunno prossimo quando saranno chiamati a rinnovare il Consiglio Regionale sciolto a seguito delle dimissioni dei De Filippi.
Sapranno i lucani esprimere un giudizio sereno e futuristico per il rilancio della Basilicata o la paura e soprattutto la rabbia per gli ultimi avvenimenti giocheranno un ruolo decisivo al punto da spingere i lucani a scelte avventate prese più per il desiderio di arrivare ad una giustizia sommaria che ad un reale cambiamento di rotta?
Le elezioni politiche del marzo scorso, la grande crescita del movimento cinque stelle, la loro incapacità di gestire una simile forza e la conseguente nascita del Governo PD-PDL sono li a testimoniare e pendono come una spada di Damocle del rischio che scelte frettolose che possono portare quando si antepongono rancori e sentimenti di rabbia alla nostra capacità di ragionamento; spero di non essere frainteso, nessuno più di me desidera spedire a quel paese, magari con un bel calcio nel sedere, i protagonisti del fallimento lucano, questo però non deve impedirmi di rimanere con i piedi per terra e provare a ragionare sulle prospettive future della Basilicata e sulla nascita di una nuova classe dirigente.
La situazione in cui versa la nostra regione non è certamente rosea; ai temi ambientali fortemente saliti alla ribalta negli ultimi anni con lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della Val d’Agri e con la sciagurata politica ambientale legata alle vicende della raccolta e incenerimento dei rifiuti del melfese e della zona del Vulture ad opera di una plurichiacchierata e indagata imprenditoria del settore, vanno aggiunti, ma non per questo in secondo piano, i tanti problemi legati al lavoro e all’economia reale della Lucania, basata sullo sfruttamento agricolo del territorio che mai è riuscito a decollare veramente, frenato in tutti i modi possibili ed immaginabili da una classe politica che sull’agricoltura ha costruito un sistema di assistenzialismo clientelare ad esclusivo appannaggio  di pochi fortunati facenti parte della casta degli eletti. Uguale discorso vale per un altro settore di vitale importanza, quello del turismo, che qualcuno ha volutamente mantenuto limitato al fine di poter allargare anche in quel campo il proprio raggio d’azione di natura clientelare.
Può bastare per rimettere ordine nella politica lucana la genuinità dei movimenti o l’antagonismo qualunquista di coloro che puntano alla distruzione totale per costruire un nuovo sistema di cui neanche loro ancora non riescono ad immaginare forma e sostanza?
Mille volte abbiamo detto e sostenuto che la partitocrazia ha fallito e come tale non ha più alcuna voce in capitolo ne diritto per poter fare da traino al cambiamento; quello che non va però dimenticato è il fatto che se pure i dirigenti dei partiti hanno tradito il mandato loro affidato, i primi ad essere traditi sono coloro stessi che glie lo avevano affidato; in poche parole coloro che hanno si frequentato i partiti negli ultimi decenni, ma che non hanno avuto fino in fondo la capacità di controllo su coloro cui avevano delegato la propria rappresentanza divenendo a loro volta controllati.
Se un tempo gli eletti alle cariche istituzionali dovevano dare conto del loro operato alle sezioni di partito che li avevano eletti, oggi si assiste al paradosso che stranamente accade proprio il contrario.
Non è ipotizzabile una rimessa in ordine della politica lucana se non si parte dal rimettere in ordine le regole della democrazia.
La tanta auspicata democrazia diretta, quella del web per intenderci, se da una parte può sembrare una bellissima cosa, dall’altra dimostra tutti i sui limiti e rischia di trasformarsi in anarchia se non è supportata da regole certe. Stessa cosa vale per la democrazia dei movimenti che vale fino a quando gli interessi rimangono comuni. Sappiamo bene che il movimentismo si aggrega su temi specifici e limitati ai vari settori ma che spesso entrano in contrasto tra loro quando gli interessi prendono traiettorie divaricanti. Se oggi l’ambiente, l’agricoltura, il lavoro, possono essere riuniti sotto un unico obbiettivo perché entrambi sono stati maltrattati dalla classe politica, le loro strade sono necessariamente destinate a dividersi nel momento in cui, passata l’emergenza, ci si troverà a discutere per far collimare i vari interessi.
Ecco perché ritengo che da soli i movimenti non possono essere la risposta alla domanda di cambiamento, ma che ci sia bisogno di una capacità e soprattutto di una volontà di costruire il cambiamento partendo da posizioni che mirino all’incontro tra la varie forze sociali senza arroccamenti pregiudiziali su posizioni insostenibili e dannose per una qualunque delle classi sociali o di settore presenti in Basilicata.
Vi sono nelle formazioni politiche lucane, quelle tradizionali per intenderci, forze fresche e menti anch’esse tradite e deluse dalla politica degli ultimi anni; cercare di tenere fuori il contributo di tali potenzialità dal futuro politico lucano sarebbe un errore gravissimo. L’atteggiamento preso dai movimenti che puntano a creare l’alternativa a me pare vada in questa direzione, che io ritengo dannosa; la Lucania oggi ha bisogno di soluzioni che aggreghino e non di barricate ideologiche, oltretutto tra persone che hanno lo stesso modo di pensare, solo per partito preso o per desiderio di giustizia sommaria anche nei confronti di incolpevoli persone anch’esse tradite.
Ricostruire è possibile ma occorre che ognuno di noi faccia la sua parte con decisione ma anche con grande disponibilità a raccogliere il contributo di tutti per dare alla Basilicata l’impulso necessario a farla divenire quella terra dal bene comune di cui non solo ha grande volontà ma soprattutto ha grandi capacità e risorse per poterla diventare.

Tonino Ditaranto

lunedì 8 aprile 2013

Al Presidente del Consiglio Regionale di Basilicata Dr. Vincenzo Santochirico


Al Presidente del Consiglio Regionale di Basilicata
Dr. Avv.  Vincenzo Santochirico

Caro Vincenzo,
consentimi di usare la prima persona singolare in virtù del rapporto di amicizia che ci lega e delle tante battaglie condotte insieme inseguendo il sogno di una Lucania che potesse offrire ai propri figli una vita dignitosa e ricca di speranze.
Mi rivolgo a te a titolo personale e come portavoce dei lucani residenti a Fidenza e nelle terre Verdiane ma anche certo di interpretare il sentimento di ogni lucano costretto dalle traversie della vita ad una esistenza forzata lontano dalla terra in cui è nato in ragione di una forte emigrazione che ha portati tanti figli della Basilicata a cercare fortuna in terre lontane.
Ho appreso dalla stampa della tua nomina a Presidente del Consiglio Regionale di Basilicata e la notizia, pur tenendo conto delle distinzioni politiche che in tante occasioni ci hanno visto distanti negli ultimi vent’anni, mi ha riempito d’orgoglio; ecco perché oggi mi rivolgo a te per esprimere alcune considerazioni.
Abbiamo appreso nel corso degli anni di provvedimenti adottati dalla Regione Basilicata in favore dei cittadini lucani, ultimo in ordine di tempo il bonus carburanti erogato ai residenti; mai una volta però tali provvedimenti hanno riguardato i figli di Lucania che nel corso degli anni hanno dovuto lasciare la propria terra.
Non siamo lucani anche noi? Eppure continuiamo a pagare la tassa sui rifiuti per intera sulle abitazioni che abbiamo lasciato nonostante le utilizziamo per poche settimane all’anno; paghiamo l’IMU sulle stesse abitazioni senza poter usufruire della detrazione di 200 euro sulla prima casa in quanto non residenti pur vivendo molti di noi in case d’affitto; torniamo in Basilicata ogni volta che ci è possibile e magari con noi portiamo gente di fuori a conoscere la terra di cui andiamo orgogliosi; ma soprattutto continuiamo a parlare nel mondo della terra di Lucania come della terra de sogni, tanto forte è l’amore che proviamo verso i paesi che abbiamo dovuto lasciare.
Si caro Vincenzo, ciò che proviamo noi che viviamo fuori verso la Lucania è vero amore e ognuno di noi sogna di poter tornare un giorno a vivere gli ultimi anni della propria vita tra i calanchi e le ginestre di una terra che profuma di dignità.
Ecco Vincenzo, noi figli di Lucania nel mondo amiamo la Lucania e ogni giorno sogniamo di ricongiungerci con essa, ma a quanto pare la Lucania non pare avere lo stesso sentimento per noi che viviamo lontano come se fossimo dei figli indesiderati.
Gesù nel Vangelo racconta la parabola del figliol prodigo e di come il padre imbaddisca la tavola e ammazza il vitello più grasso per accogliere a braccia aperte il figlio che era andato lontano, mentre per noi che non siamo andati via per nostra scelta ma perché costretti,  nessuna attenzione ma solo dimenticanza da parte di una madre terra che forse ci ha disconosciuti.
Se Essa ci ha disconosciuti noi però non riusciamo a dimenticarla e continueremo a raccontare di Lei in ogni posto dove ci condurrà il nostro peregrinare.
Caro Vincenzo, se oggi mi rivolgo a te in quanto Presidente del Consiglio della nostra Regione lo faccio con la speranza che almeno tu possa farti portavoce dei nostri sentimenti presso chi governa la Basilicata affinchè i figli di Lucania partiti per terre lontane siano ricordati e riconosciuti quanto tali, al pari dei loro fratelli rimasti e al pari loro gli vengano riconosciuti uguali diritti come è giusto che sia. Noi non chiediamo nulla che non ci spetti di diritto, ma se a uno qualunque dei cittadini lucani sarà riconosciuto un qualsiasi privilegio allora è giusto che tale privilegio venga riconosciuto a tutti i figli di Lucania, anche a coloro che a loro malincuore hanno lasciato la propria terra.
Un carissimo abbraccio
Tonino Ditaranto

venerdì 5 aprile 2013

Liuzzi e Petrocelli se volete fare i grillini fatelo pure ma prima andate a lezione di storia


Fa senso leggere le abnormi dichiarazioni dei neo eletti parlamentari cinque stelle lucani Liuzzi e Petrocelli a proposito del Senatore Bubbico ma la cosa non mi stupisce più di tanto dato il notorio atteggiamento grillino verso la politica e gli uomini che la rappresentano. A differenza loro io però cerco sempre di discernere e di non fare mai di tutta erba un fascio. Bubbico è stato Consigliere regionale per un mandato e mezzo prima di divenire Governatore di Basilicata; durante il primo mandato fu costretto a dimettersi per fare posto a Lotito mentre nel secondo assunse il ruolo di Assessore alla sanità. Liuzzi e Petrocelli a tal proposito farebbero bene a visitare l’ospedale di Matera, fiore all’occhiello della sanità italiana prima di esprimere un qualsiasi giudizio o a rileggersi le delibere che per la prima volta nella storia lucana abolivano i tiket sui medicinali e sulle prestazioni sanitarie per tutti i pensionati e le fasce di lavoratori che non superavano il reddito di 25 milioni di lire. Durante il quinquennio di governatorato della Basilicata  da parte di Bubbico la lucania ebbe il riconoscimento da parte della Banca Centrale Europea di regione d’Europa con il più alto tasso di sviluppo, Bubbico riportò l’acqua lucana sotto la gestione della Basilicata sottraendola alla Puglia alla quale era stata regalata dai governi democristiani e diede scacco partecipando in prima persona ai blocchi e portando avanti con fermezza le trattative al governo Berlusconi che voleva far diventare Scanzano ionico sito di stoccaggio per le scorie nucleari (chissà dov’erano durante quel periodo Liuzzi e Petrocelli?). Sempre durante il governatorato Bubbico partì il progetto per la informatizzazione di tutti i giovani lucani ai quali venne consegnato a tutti a spese della regione il primo personal compiuter; magari gli stessi Liuzzi e Petrocelli hanno usufruito di quel beneficio. Lo stesso periodo sarà ricordato, dati alla mano come il quinquennio in cui si sono creati in Basilicata più posti di lavoro, personalmente ricordo tantissimi giovani che dall’Emilia e da tutto il nord rientrano in Lucania dove si erano riaperte tantissime prospettive occupazionali non solo nella valle del melfese ma anche intorno all’indotto che girava intorno alla produzione di salotti in provincia di Matera e alla produzione di frutta, ortaggi e verdura nella piana del metapontino. Successivamente Bubbico ha ricoperto la carica di sotto segretario di Bersani nei due anni di Governo Prodi e di Senatore della Repubblica all’opposizione durante l’ultimo Governo Berlusconi.
Io stesso ho espresso negli anni scorsi molte critiche a Bubbico, queste però non riguardavano mai le gratuite accuse che oggi gli rivolgono i parlamentari grillini che dimostrano di non conoscere la storia della Lucania, se mai io non gli ho mai perdonato di non essersi battuto per rimanere Governatore della Basilicata visto come sono andate le cose successivamente con la elezione di De Filippi e il conseguente ritorno alla regressione della nostra regione.
Tonino Ditarano

giovedì 8 novembre 2012

Cambiare si può!! Si, ma come?


Cambiare si può! Si, ma come?
Ho aderito dal primo momento all’appello di “CAMBIARE SI PUO’”, credo che a questo cambiamento auspicato e che si impone per la tenuta stessa della democrazia italiana, noi tutti abbiamo il dovere di contribuire senza tentennamenti alcuni. Lo scenario che abbiamo di fronte è a dir poco apocalittico; larghi settori delle Istituzioni, a partire dallo stesso Parlamento,  sono sotto i riflettori della Magistratura per comportamenti, non più episodici ma diffusi, di mal costume e corruzione; tutto ciò mentre il Paese attraversa una delle più feroci crisi economiche dal dopo guerra ad oggi e di conseguenza il notevole incremento della sfiducia da parte dei cittadini nelle Istituzioni dello Stato e dei suoi rappresentanti.
Le elezioni in Sicilia, con la partecipazione al voto di meno della metà della popolazione, non sono più solo un segnale che deve farci riflettere, ma una triste realtà che deve indurci a non indugiare ulteriormente nella ricerca di un cambiamento se teniamo al futuro della nostra nazione e alla tenuta della democrazia e della libertà.
La politica tradizionale ha fallito; nonostante ciò, pare non rendersene conto e continua con le vecchie regole che hanno caratterizzato la vita interna dei partiti nella rincorsa di rendite di posizioni. Le stesse primarie del PD e quelle che si annunciano nel PDL altro non sono che una lotta intestina per acquisire posizioni di potere che permettano a questo o quel gruppo di primeggiare al fine di fare gli interessi delle caste che rappresentano.
Non hanno il bene comune come obbiettivo queste primarie farsa, ma solo il desiderio di difendere i propri interessi.
In questa baraonda, degna delle migliori telenovele americane, si innestano da una parte un Governo che ha come unico scopo quello di seguire le direttive delle più forti potenze europee e delle multinazionali della finanza, dall’altra un popolo, fatto di famiglie, piccoli imprenditori, lavoratori dipendenti e pensionati ormai allo stremo, stritolato da continui e massacranti prelievi fiscali.
Qualcuno pensa che basterebbe cambiare gli uomini e mandare a casa i partiti per rimettere a posto le cose e si lascia trasportare nel vortice senza fine del qualunquismo al richiamo della parola d’ordine del “sono tutti uguali”; peccato però che dietro tale parola d’ordine si nascondano personaggi non proprio immuni da tale comportamento; lo stesso Grillo nel 93 accolse con entusiasmo la discesa in campo di Berlusconi, dichiarando che era arrivato il momento che gli imprenditori andassero a governare, con i risultati che tutti noi vediamo e lo sfascio completo dell’Italia grazie al Berlusconismo.
Può l’Italia dare credito e affidarsi oggi ad un fantomatico movimento che altro non sa fare che strillare ai quattro venti senza dire una sola parola su come la pensa sul lavoro, sulla sanità, sull’economia che va in frantumi, sul precariato, sul come risolvere il problema delle tante persone che hanno perso il lavoro e si vedono pignorate le case dalle banche, staccate le forniture di gas, luce e acqua perché non hanno i soldi per pagare le bollette?
Crediamo forse basti gridare “al lupo” per far scappare il lupo? Nella favola di cappuccetto rosso è proprio il lupo che mangia la nonna e ne assume le sembianze.
Vent’anni di Berlusconismo hanno cambiato il nostro modo di vivere ma anche quello di pensare; la crisi italiana affonda le radici in questo radicale cambiamento culturale che abbiamo subito. I danni al sistema Italia sono la diretta conseguenza della perdita di valori fondamentali ed inestimabili del nostro stesso modo di vivere, quali la solidarietà tra le persone, la disponibilità a farsi carico dei problemi degli altri, il collettivismo nel ricercare le soluzioni ai problemi; valori sostituiti da altri meno nobili che ci hanno condotto all’individualismo, all’egoismo, all’inseguire posizioni personali a scapito degli altri passando anche sul loro cadavere pur di arrivare al nostro obbiettivo; un individualismo ed un egoismo cosi diffuso che ha fatto si che ormai siamo il popolo che non conosce il vicino della porta accanto.
I proclami e gli appelli per il cambiamento ben vengano; fa anche piacere vedere che vengono da persone di cosi alto spessore culturale e sociale; persone impegnate nel mondo della politica, e della cultura; fa piacere leggere nomi quali quello di Don Gallo e don Marcello Cozzi, come fa piacere apprendere dell’adesione all’appello di De Magistris. A me questo però non basta, i nomi che voglio vedere sono altri; mi piacerebbe leggere il nome di “Ciro Esposito”, cassintegrato di Napoli al quale hanno staccato il gas o quello di “Mario Rossi”,ex artigiano cinquantenne senza più un lavoro e senza alcuna indennità di disoccupazione o integrazione al quale Equitalia ha rubato la casa.
Cambiare si può! Ne sono convinto; dobbiamo essere disposti a cambiare prima noi stessi. Occorre ritrovare la solidarietà e la disponibilità verso gli altri cui prima facevo riferimento; ritornare a guardare negli occhi quello della porta accanto e tendergli la mano nel momento del bisogno senza atteggiamenti di pietismo o di compassione, ma come un fratello che ha bisogno del tuo aiuto.
Le prime parole dell’Inno dei lavoratori recitava “ su fratelli e su compagni”; fratelli si, perchè è solo con lo spirito di fratellanza che i lavoratori possono sperare di avere ragione di coloro che tentano di dividerci per poterci sottomettere e “su compagni” (cum panem) perché solo se si è disposti a dividere il proprio pane con il proprio vicino ci rende veramente solidale con gli altri.
Cambiare si può?  Certo, cambiare si può.
ToninoDitaranto

venerdì 26 ottobre 2012

Vendola: aspettando il 31 ottobre


Dovremmo attendere il 31 ottobre prossimo per capire se il Governatore della Puglia e Presidente di Sinistra Ecologia Libertà Niki Vendola sarà condannato e di conseguenza si ritirerà dalla vita pubblica come annunciato, fino ad allora la cosa che possiamo fare è interrogarci sul caso che lo vede coinvolto e sulla legittimità di una scelta cosi drastica in caso di condanna.
L’accusa è concorso in abuso d’ufficio per la nomina di Paolo Sardelli (una eccellenza nel suo campo) all’ospedale San Paolo di Bari.
In Particolare, secondo il Pubblico Ministero Vendola avrebbe favorito il Sardelli facendo riaprire i termini per la partecipazione al concorso: concorso che poi si sarebbe svolto comunque regolarmente e senza raccomandazioni di sorta.
Naturalmente le regole esistono e vanno rispettate, cosi come una eventuale condanna del Governatore sarebbe la giusta conseguenza di un atto illegale; io però mi chiedo se in una Italia attraversata da scandali di ogni tipo, dai continui latrocini alle corruzioni, dalle concussioni ai personalismi di ogni sorta, sia giusto che a lasciare sia una persona rea di aver spinto per la riapertura dei termini per far partecipare un luminare della medicina ad un concorso per un posto dove in precedenza si erano verificati comportamenti, quelli si, non consoni alla corretta gestione di un reparto ospedaliero.
Se a L’Aquila si fossero riaperti i termini per la partecipazione alle gare d’appalto per il terremoto e si fosse permesso di parteciparvi altre ditte non invischiate con fatti di corruzione, staremmo ora a piangere sulle tangenti pagate o invece staremmo processando coloro che avrebbero impedito che si arrivasse agli appalti truccati? Certo, un Amministratore deve camminare nel compiere  degli atti all’interno di regole di legalità, ma diverso deve essere il giudizio complessivo quando la forzatura di tali regole consente poi alla pubblica amministrazione il raggiungimento di obbiettivi  straordinari come quelli conseguiti in questi anni all’ospedale San Paolo. Resta la condanna penale alla quale non ci si può sottrarre nel caso fosse ritenuto colpevole, ma questa da sola ed in primo grado di giudizio, no può in alcun modo essere motivo di ritiro dalla vita pubblica di una persona che a conti fatti ha operato per il bene collettivo.
Ho avuto modo di esprimere tante volte il mio giudizio negativo sulle ultime scelte politiche di Vendola; ritengo sbagliato il suo continuo inseguire le sottane del PD come lo ritengo responsabile dell’arrivo all’interno di SEL di una marea di arrampicatori sociali che di fatto hanno determinato le scelte di un partito nato con le intenzioni di ricostruire la sinistra ma che è finito per il diventare una costola del PD; ho dichiarato in tempi non sospetti la mia non partecipazione alle primarie ne il mio appoggio a Vendola alle stesse; ma in questa vicenda in tutta onestà, anche in caso di condanna, mi sento di affermare che Vendola ha operato per il bene comune.
Tonino Ditaranto

domenica 10 giugno 2012

Lucania- Terra di razzie e insabbiamenti



La vicenda che ha coinvolto il Tenente della Polizia Provinciale di Potenza Giuseppe Di Bello, condannato dal GUP di Potenza a due mesi e venti giorni di reclusione per la divulgazione di notizie protette da segreto d’ufficio, Di Bello insieme al segretario dei Radicali Bolognetti nel 2010 avevano denunciato pubblicamente lo stato di salute delle acque della diga del Pertusillo risultate altamente inquinate da residui di idrocarburi, ha veramente dell’incredibile e pone ancora una volta con forza l’annosa situazione di una terra, la Lucania, da sempre fatta scempio delle sue ricchezze e condannata a subire le più grandi porcherie.
Il Pertusillo, è solo l’ennesimo territorio Lucano che viene compromesso irrimediabilmente dalla avidità di personaggi e multinazionali senza scrupoli che hanno scambiato la Lucania per terra di conquista e per spazzamento per rifiuti di ogni genere.
Come non ricordare la vicenda delle navi dei veleni affondate al largo delle coste di Metaponto e di Policoro? Diversi studi scientifici dimostrano come in tutta la fascia del mar Ionio persistono percentuali di tumori leucemici molto maggiori rispetto a tutto il territorio nazionale.
L’inquinamento atmosferico dovuto ad emissioni di diossine nel melfese , lo scempio di intere aree di macchia mediterranea date alle fiamme per consentire una cementificazione selvaggia e l’insediamento di poli cosiddetti turistici che hanno come unico scopo quello di favorire la speculazione edilizia da parte di lobbies legate a questo o quel baronetto di turno, sono solo alcuni esempi di come in Basilicata si opera alle spalle e contro l’interesse per i beni comuni, il tutto sotto gli occhi ciechi di una classe dirigente politica omertosa se non complice di questo progetto criminale.
Terra di razzie! Le nostre acque sono state letteralmente svendute all’acquedotto pugliese mentre i nostri paesi e i nostri campi di sovente soffrono la sete, il nostro Petrolio viene depredato da compagnie petrolifere che in cambio non portano alcun beneficio oltre ad inquinare il nostro territorio, stessa cosa per i nostri prodotti dell’agricoltura che vengono pagati una miseria per poi finire sui banchi dei supermercati del nord e dell’Europa con ricarichi di ben oltre il 500%.
Terra di insabbiamenti! Quello che succede in Basilicata deve rimanere segreto, nessuno deve sapere o cercare le verità. Elisa Claps, Luca Orioli e Marirosa Andreotta, Marinagri, e oggi Di Bello e Bolognetti, tutti esempi di come a cercare la verità in Basilicata si cozza contro un muro di cemento, di omertosi silenzi, di continui e ripetuti insabbiamenti, di depistaggi e anche di punizioni per chi in qualche modo si vuole opporre al sistema.
Tutto ciò è inaudito in una società civile e veramente democratica. Il popolo Lucano non solo dovrebbe indignarsi ma anche prendere finalmente consapevolezza, rompere le catene che lo imprigionano ad una schiavitù di oltre sessant’anni e riprendersi la propria dignità rubata oltre ai beni che appartengono solo ed esclusivamente alle popolazioni lucane.
E’ Giunto il momento di dire con forza che siamo tutti dei Claps, siamo tutti degli Orioli, siamo tutti dei Di Bello, vogliamo che vengano fuori le vere verità, ve lo chiede un popolo messo in ginocchio dalla vostra ingordigia ma che non è più disposto a chinare la testa, un popolo che se serve urlerà la propria rabbia in faccia a tutti i benpensanti non solo dalle aule dei tribunali ma anche in tutte le piazze della Basilicata.

Tonino Ditaranto