Amici e compagni di Primavera Lucana, ho aderito sia pure
con molte riserve al vostro movimento in quanto ritengo sia giunto il momento
che le energie pulite della nostra terra trovino il modo di dibattere e
costruire un futuro che sia degno della storia genuina della nostra Lucania.
Ecco appunto la storia; di li bisogna partire se non si
vuole avere la presunzione di conoscere le problematiche lucane a prescindere e
non correre il rischio di divenire noi stessi parte di quel sistema che noi
tutti ci accingiamo a combattere.
Cosa centra la storia? Centra se vogliamo capire chi siamo e
dove possiamo arrivare.
Lucania, terra di lupi e di Briganti; Garibaldi trovò la
strada spianata prima di arrivare a Napoli, strada liberata dalle migliaia di
giovani lucani che unitosi a Carmine Crocco combatterono i Borboni e le baronie
inseguendo il sogno di una Lucania libera dove la terra fosse appannaggio di
chi la coltivava e non di un pugno di nobili asserviti al Regno di Napoli. Fu
li che i lucani subirono il primo tradimento; Vittorio Emanuele disconobbe i
patti raggiunti tra Garibaldi e Crocco e riassegnò le terre ai medesimi Conti e
Marchesi passati al servizio questa volta di casa Savoia. Stessa cosa avvenne
in Sicilia e in Calabria ma a differenza di quelle regioni dove gli sbandati
della guerra ai Borboni diedero vita ad organizzazioni di carattere mafioso e
camorristico in complicità con gli stessi latifondi, in Basilicata si ebbe
invece la prima grande ribellione popolare contro le tirannie che causò la
morte di centinaia di giovani lucani e decine di paesi rasi al suolo ad opera
della gendarmeria Piemontese. Dopo la seconda guerra mondiale furono nuovamente
i lucani a dare vita ad un movimento che avrebbe segnato per sempre la svolta
sull’attribuzione delle terre e la definitiva scomparsa dei latifondi con le
occupazioni delle terre dei conti Spada e Galante in agro di Montescaglioso e
del Barone Berlingieri in agro di Pisticci e che ebbe il suo drammatico epilogo
la notte tra il 13 e 14 dicembre del 1949 con l’assassinio del bracciante
Giuseppe Novello. Il resto è storia recente: Scanzano Jonico, forse la più
grande sommossa popolare di tutta la storia dell’Italia unita se non si
considera la resistenza al nazifascismo.
Ho voluto fare questa premessa per tracciare per sommi capi
quello che è il grande amore del popolo lucano: la terra, per la cui difesa
mette in campo ogni sforzo possibile senza mai chinare la testa.
Una grandissima prova attende oggi nuovamente le popolazioni
della Basilicata; la terra, quella per la quale i nostri avi hanno combattuto e
versato sangue innocente, la nostra terra, è fatta scempio, è depredata, è denudata
dai moderni latifondisti della finanza, complice una classe dirigente asservita
alle logiche di chi detiene il potere e ne fa uso per rimpinguare le proprie
sostanze. Le ragioni che hanno portato il Presidente De Filippo a dimettersi e
al consequenziale scioglimento del Consiglio Regionale, con la totalità degli
ex consiglieri, che io non ho esitato a definire “pidocchiosi”, indagati per
rimborsi di spese inesistenti, sono solo la punta dell’iceberg di quello che è
il vero arrembaggio ad opera di avidi avvoltoi che si sono avventati sulla
Lucania come su una carcassa di una animale morto da spolpare. Spetta quindi
nuovamente al popolo lucano rialzare la testa e porsi a difesa del suo
territorio.
Il popolo dunque, non una sola parte di esso, ne qualche
sparuto gruppo di capipopolo autoproclamatosi tali che inseguono ambizioni
personali, spinti da rancori per qualche torto subito, pronti a saltare sul carro del vincitore di
turno, e che usano i mal di pancia della gente come ariete per sfondare le
porte che servono per farli raggiungere gli scopi che si sono prefissi.
Le pur giuste ambizioni personali lasciamo che restino nella
sfera della propria professione o della propria famiglia, in politica, nella
buona politica esse non sono plausibili ma l’unica ambizione che ognuno di noi
può avere è quella di veder trionfare il bene comune.
Fa senso oggi che la Lucania ha bisogno di noi assistere a
stupide controversie sui nomi dei candidati o su colui che sarà il Candidato
Presidente; avrei preferito che la discussione si sviluppasse su ciò che
prevediamo per il futuro del melfese o della valle dell’Agri; sui veleni che
quotidianamente immette nell’aria l’inceneritore della Fenice o sul notevole
incremento del numero dei disoccupati piuttosto che discutere della legittimità
o meno che il candidato Presidente possa essere una persona che ha subito un sopruso
e che ha avuto l’abilità di auto santificarsi. Ci sono centinaia di lucani che
hanno subito soprusi; Ci sono gli operai di Melfi licenziati, ci sono i ragazzi
materani dei call center schiavizzati per poche decine di euro al mese; c’è
Olimpia Fuina Orioli che aspetta la verità, fin’ora negata, sulla morte del
proprio figlio e della sua fidanzatina; ci sono i parenti di coloro che si sono
ammalati e sono morti di leucemie per la diossina nel melfese, ma nessuno di
essi si è auto santificato ne tantomeno si è autoproposto Governatore solo per
aver subito un torto dal sistema. La cultura dell’auto proposizione è il primo
passo verso il personalismo e apre la strada al raggiungimento di un traguardo
personale prima di quello collettivo.
La primavera è un insieme di colori; non c’è un fiore che
primeggia su tutti ma è un insieme di fiori che tutti insieme sbocciano e
riempiono l’aria di un profumo di fresco. Questa è la Primavera Lucana cui
intendo aderire: l’insieme di ciascuno
di noi che metta da parte i rancori personali, i sentimenti di odio, le stupide
diatribe personali, e si ponga di fronte anche a coloro che non la pensano come
noi ma che condividono lo stesso amore per la nostra terra per trovare insieme
con il dialogo la strada maestra per costruire una grande primavera che faccia
rifiorire la nostra Lucania. Non ci sono partiti buoni o partiti cattivi, ma in
ognuno di essi ci sono i malvagi ma c’è anche tanta gente per bene; i malvagi
non ci appartengono ma la gente per bene dovranno essere i nostri compagni di
lotta.
Tonino Ditaranto